S.AMBROGIO di GRION

Avvisi parrocchiali

Il povero grida e il Signore lo ascolta.

Possiamo dire che è la sintesi del vangelo di oggi, dove Gesù ci pone davanti due personaggi, fariseo e pubblicano che ci mostrano due modi di vivere la preghiera e soprattutto due modi di concepire al relazione con Dio. Guardiamoli.

Due persone che davanti a Dio dicono il vero non si nascondono, uno dice il bene che fa, le sue opere, l’altro riconosce dove ha sbagliato.

Dove sta la differenza? Sta nel guardare, cioè da dove partono nel presentarsi davanti a Dio.

Il fariseo nel suo parlare dice Io, io ho fatto, io non sono…  Parte dall’IO. Personifica l’uomo che non deve chiedere mai. Lui pone fiducia in ciò che fa, in se stesso ma nel senso che è chiuso in sé. La salvezza non è un dono che accolgo ma un premio per il bene fatto. È un mi faccio, mi salvo da solo. L’IO diventa metro di misura per se stesso, per Dio (ti ringrazio Dio, parole che rivolge a sé) e gli altri (c’è disprezzo per chi non è come lui).

Forse siamo anche noi così, puntiamo nel fare per essere sicuri di essere salvi, di andare in paradiso…

Il pubblicano parte dal TU: “Dio abbi pietà di me peccatore”. Il pubblicano riconosce il suo io, che è mancante ma non rimane chiuso in se stesso (altrimenti non sarebbe mai andato al tempio, a Dio) e si apre al tu di Dio a quello che Dio può fare per lui. Non si concentra su quello che lui fa per Dio, ma su quello che Dio può fare per lui. Quel partire da se per aprirsi a Dio, sono un ladro è vero, ma non sono contento così, vorrei essere diverso, non ce la faccio, ma TU DIO DAMMI UNA MANO, perdona e aiuta. Il pubblicano è davanti a Dio a cuore aperto, non solo non si nasconde, ma riconosce ciò di cui ha bisogno, chiede, ammette di aver bisogno, non si chiude nella rassegnazione che è peccatore, un lontano. Il suo metro di misura non è l’IO ma Dio, e quello che lui può fare per lui.

Abbiamo visto che Dio ascolta il grido del povero… “Non sarà condannato chi in lui si rifugia…” Allora chiediamoci se nel nostro modo di vivere la fede siamo fermi all’IO, puntiamo su questo o se a partire dal nostro io, quello che siamo, ci apriamo con confidenza al tu di Dio. Imparare a dare del tu a Dio. Aprirsi alla misericordia di Dio, alla sua gratuità che sola può toccare il cuore e farlo ripartire. Ciò che ci giustifica, che ci rende giusti davanti a Dio è aprirsi a lui, fidarci, il fare viene dopo di questa fiducia.

Chi si esalta sarà umiliato: chi rimane chiuso in se sprofonderà nella sua solitudine. Chi si umilia sarà innalzato: chi sente il bisogno di cambiare e si apre al tu di Dio sperimenterà la salvezza, il cambiamento.