S.AMBROGIO di GRION

Avvisi parrocchiali

foglietto n. 45/2021

Domenica 30 Ottobre 2021
XXXI Domenica del Tempo Ordinario

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Domenica scorsa nella Festa di S. Ambrogio abbiamo vissuto un’altra bella giornata per la comunità; c’è stata una nutrita partecipazione agli eventi organizzati, alla Fiera presso il  Parco delle Fontane, alla Mostra fotografica in Teatro e al Concerto in chiesa;

   in questa domenica 31 ottobre concludiamo la Sagra Paesana con questo programma:

ore 9.00 partenza della Corsa podistica; – ore 14.30 Giochi per bambini – ragazzi e famiglie: Corsa con i sacchi e gara di tiro alla fune – ore 16.00 in piazza: Gran Finale con Estrazione della Lotteria e momento conviviale con castagne e…

Ringraziamo per gesto di generosità per le Missioni con le vostre offerte abbiamo raccolto € 435 che sarà dato come aiuto alle Chiese in terra di missione!

Prenotazione Messe per i defunti: in canonica e in sacrestia prima e dopo le celebrazioni;

Preparazione alla festa dei Santi – Adorazione Eucaristica notturna in chiesa a Trebaseleghe dalle ore 21.30 di domenica 31 ottobre alle ore 7.30 del 1 novembre;

INDULGENZA per i DEFUNTI (dal 1 novembre al 8 novembre) – visita alla chiesa o cimitero – recita del Pater e del Credo – confessione – comunione – preghiera per il Papa

Orario invernale delle Messe prefestive del sabato dal 6 novembre
ore 17.00 a Silvelle – ore 18.00 a S. Ambrogio  (ore 18.00 a Trebaseleghe e Fossalta)

Appuntamenti della settimana:

* Lunedì: Festa di Tutti i Santi – giorno di riflessione di preghiera nel ricordo di tanti fratelli e sorelle che hanno saputo mettere in pratica le Beatitudini;
* Martedì: Ricordo dei nostri defunti a S. Ambrogio ore 19.00 Messa in chiesa; (visto il giorno lavorativo, la celebrazione si svolge alla sera per favorire una maggiore partecipazione dei fedeli);

Incontri di catechesi a S. Ambrogio in questa settimana nelle Sale sopra il Teatro:
* Venerdì 5 nov. ore 14.30 Gruppo 5^Elementare – ore 15.15 gruppi 2^ Media; Sabato 6 nov. ore 9.30 Gruppo 2^ – 4^ elementare;
* Sabato 6 novembre ore 15.30 Oratorio di S. Ambrogio: “CORETTO per RAGAZZI” Canto per bambini e ragazzi dalla 1^ alla 5^ Elementare – (adesione e info Marco 333 1439585)

Aperte iscrizioni al Percorso di Preparazione al Sacramento del Matrimonio delle Parrocchie di Trebaseleghe, Fossalta, Silvelle e S. Ambrogio, si svolgerà dal 13 Febbraio all’ 8 Maggio 2022 in complessivi 10 incontri. Il corso accoglie un numero massimo di 12 coppie. Le coppie interessate possono scrivere a corso.fidanzati.trebaseleghe@gmail.com o contattare il numero 340 2963359 (Mattia).

Caritas Diocesana – Domenica 7 novembre Assemblea di tutti i collaboratori “Il sogno di una Chiesa povera e per i poveri” ore 8.30 – 12.30 in Seminario a Treviso

*CARITAS della Collaborazione pastorale e Centro di Ascolto di Levada, organizza Raccolta straordinaria di generi alimentari Venerdì 5 e Sabato 6 novembre presso il Centro Commerciale Emisfero alla Crosarona (ringraziamo per la collaborazione e l’aiuto per questa iniziativa)

Meeting diocesano di Pastorale Giovanile per l’anno 2021 dal titolo “La carne dell’Amore”! Sabato 6 novembre al tempio di San Nicolò a Treviso alle ore 15.00
Il relatore prof. Giuseppe Spimpolo, sono invitati tutti gli operatori di pastorale giovanile (educatori, consacrati, catechisti, insegnanti, religiosi, allenatori)

Incontro cittadino a Trebaseleghe: “I suicidi e le morti. Lo strazio di chi resta”
Si è svolto giovedì 28 ottobre in Auditorium comunale con una buona partecipazione di adulti e associazioni, è stato presentato il libro del professor Arnaldo Pangrazzi

La tematica è stata inquadrata sul fronte del dolore e dei forti ed inevitabili strazi delle persone che rimangono. L’occasione è stata la presentazione del libro “Il suicidio. Non ci siamo mai detti addio. La disperazione di chi resta”, scritto dal prof. Arnaldo Pangrazzi (padre camilliano). Con lui era presente: il dottor Luigi Colusso (medico, psicoterapeuta e promotore del mutuo aiuto sulla salute). Il prof. Pangrazzi, ha rimarcato “l’impegno prezioso in questo frangente della morte. Lo facciamo sia perché si tratta di una questione che ha un alto sociale umano e sociale, sia perché occuparsi del diritto-dolore delle persone, significa stare vicini alla morte. Inoltre, attenzione specifica di Cittadinanzattiva è occuparsi anche del dolore e delle difficoltà di chi rimane”
Per quanto riguarda i suicidi in Italia, l’ultima rilevazione ufficiale risale al 2017 ed è a cura dell’ISTAT. Si tratta di 3.936 casi/anno (il 6,5% ogni 100mila abitanti), la ripartizione per classi di età parla di over 65 anni (35%), 45/64 anni (37%), 25/44 anni (23%) fino a 24 anni (5%).
Sono circa 1.200 bambini e adolescenti fra i 10 e i 19 anni decidono di porre fine alle loro vite ogni anno.

Riflessione per il ricordo dei nostri defunti

La morte e i suoi riti
Il rito delle esequie fra nuove tendenze e sensibilità diverse

Nel giorno della Commemorazione dei fedeli defunti, i nostri cimiteri vengono frequentati da molte persone; diventano luoghi nei quali, più che in altri momenti, hanno il sopravvento la memoria e gli affetti verso i propri cari. Proprio attorno all’evento della morte ogni cultura ha elaborato i suoi riti.
Per noi cristiani riveste un significato particolare quello delle esequie, così carico di fede e di speranza nel mistero della risurrezione, ma anche così messo alla prova da nuove tendenze e sensibilità sociali e culturali che cercano di “integrarlo” o sostituirlo con altri riti e messaggi non sempre in sintonia con la visione cristiana della vita e della morte. Penso, in particolare, a certi saluti o commiati che, sempre più spesso, avvengono in ambienti “laici”, come nella “casa funeraria” o “sala del commiato”, nei quali ognuno si inventa una sua ritualità. Penso anche ai riti, a volte stravaganti, della dispersione delle ceneri. Ma anche alla cura ossessiva del corpo esposto del defunto (la tanatoprassi) in modo da renderlo perfetto, ringiovanito, quasi a voler esorcizzare la morte o renderla meno drammatica e nascondere ogni segno dell’incipiente deterioramento.

Una complessità celebrativa

Il rito cristiano delle esequie, seppur avvolto dal dolore e dalla mestizia della circostanza, ha, però, una sua certa solennità e perfino bellezza, come si addice a un momento nel quale la vita del defunto viene contemplata nella luce del Signore risorto e dell’ingresso nella casa del Padre misericordioso, il quale accoglie tutti coloro che hanno creduto e sperato nella risurrezione dei morti e nella “vita nel mondo che verrà” o che lo hanno cercato con cuore sincero.

Celebrare il mistero pasquale di Cristo

Al tempo stesso, come è nella tradizione liturgica romana, il rito ha anche una certa sobrietà e rifugge da ogni ridondanza, al punto che poco sopporta inserimenti estemporanei di oggetti, segni, musiche e canti legati alla vita del defunto, o discorsi pronunciati da amici e parenti, molto carichi sul fronte emotivo, preoccupati di ravvivarne la memoria ma, sempre più spesso, inclini a far emergere i sentimenti di chi parla piuttosto che la vita del defunto o un qualche aspetto della fede cristiana. Dimenticando un po’ tutti, forse anche noi preti, che le esequie non sono primariamente una cerimonia di congedo da una persona cara, ma la celebrazione del mistero pasquale di Cristo nella morte di un credente.
Di solito certi interventi o elementi evocativi e simbolici richiesti da parenti e amici vengono collocati fuori della chiesa, subito dopo la conclusione del rito. Più problematica è, invece, la richiesta (ammesso che venga fatta prima) di fare dei discorsi durante il momento del congedo o leggere qualche testo. Il rituale per i funerali prevede che possano essere pronunciate “secondo l’opportunità” solo “parole di cristiano ricordo del defunto” (n. *81), ma questo aggettivo, “cristiano”, sappiamo bene come ognuno, in genere, tenda a interpretarlo a suo modo. In ogni caso, certi discorsi o testimonianze spesso oscurano o vanificano le belle parole e il ricco simbolismo del rito del commiato.

Il logoramento del rito

Per questo i preti, a volte, sono presi dalla tensione di dover gestire la celebrazione al meglio, nel tentativo di rispettare il rito e, al tempo stesso, la sensibilità della gente, proprio in un momento affettivamente ed emotivamente così delicato e in tempi molto ristretti (magari anche per l’incalzare di un altro funerale) che non consentono con i familiari, più di tanto, mediazioni o ragionamenti di sorta. C’è così il rischio che qualche prete finisca per cadere o in un rigoroso ritualismo o, all’opposto, per evitare storie, nel completo esaudimento dei desideri della gente.
Sta di fatto che, sia per il mutato contesto culturale propenso a relativizzare e accettare tutto, sia per una certa caduta della fede con la conseguente difficoltà a comprendere e a rispettare i riti della Chiesa sia, infine, per i media che fan vedere come in Italia e nel mondo si faccia un po’ di tutto, con grande fantasia e non senza stravaganze, alla fine il parroco si trova tra le mani una “patata bollente” difficile da gestite, e con l’impressione che ormai l’apparato rituale della Chiesa si stia sempre più logorando o che non sia più adatto per i tempi che cambiano.

Superare la prassi attuale?

Durante il lockdown, quando erano vietati funerali e assembramenti, tutto si svolgeva in cimitero con la presenza del prete e di pochissimi parenti, con una preghiera, una parola di cristiano conforto e la benedizione. La celebrazione della messa, come avviene in molti Paesi del mondo (ad esempio in America latina), veniva celebrata successivamente, in un altro giorno. Diversi sacerdoti, pur nella drammaticità di simili situazioni, hanno anche apprezzato l’essenzialità di questa forma rituale e, a dire il vero, anche qualche familiare del defunto, perché il funerale è stato celebrato senza confusione, abbracci, saluti interminabili, ma solamente nel raccoglimento, nel silenzio e nella preghiera. Certo, è mancata la folla di amici e conoscenti che nei nostri paesi è di conforto per i familiari in lutto. In compenso, l’evento della morte e della sepoltura hanno, forse, acquistato in sobrietà, raccoglimento e maggior dimensione religiosa, perché sono risuonati solamente le parole e i segni della fede. Forse, così come prevede anche il Rituale delle esequie al cap. IV, si potrebbe cominciare a ripensare la nostra prassi celebrativa anche in questa prospettiva.

don Lucio Bonomo (direttore della Vita del Popolo)

COMMENTO AL VANGELO

Amare è dare futuro al mondo
di E. Rocchi

Vangelo di Marco (12,28-34)

  In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi».

Qual è, fra tutti, il più grande comandamento? Aiutaci a ritornare al semplice, al principio di tutto… Gesù lo fa, esce dagli schemi, risponde con una parola che tra i comandamenti non c’è. Che bella la libertà, l’intelligenza anti conformista di Gesù, lui l’icona limpidissima della libertà e dell’immaginazione.

La risposta comincia con un verbo: amerai, al futuro, a indicare una storia infinita, perché l’amore è il futuro del mondo, perché senza amore non c’è futuro: vi amerete, altrimenti vi distruggerete. E poi per vivere bene, perché la bilancia su cui si pesa la felicità di questa vita è dare e ricevere amore.

Prima ancora però c’è un “comandamento zero”: shemà, ascolta, ricordati, non dimenticare, tienilo legato al polso, mettilo come sigillo sul cuore, come gioiello davanti agli occhi… Fa tenerezza un Dio che chiede: «Ascoltami, per favore». Amare Dio è ascoltarlo.

Amerai con tutto il cuore; non da sottomesso ma da innamorato. Qualcuno ha proposto un’altra traduzione: amerai Dio con tutti i tuoi cuori. Come a dire: con il tuo cuore di luce e con il cuore d’ombra, amalo con il cuore che crede e anche con il cuore che dubita; come puoi, come riesci, magari col fiatone, quando splende il sole e quando si fa buio, e a occhi chiusi quando hai un po’ paura, anche con le lacrime. Santa Teresa d’Avila in una visione riceve questa confidenza dal Signore: “Per un tuo ti amo rifarei di nuovo l’universo”.

Con tutta la tua mente. Amore intelligente deve essere; che significa: conoscilo, leggi, parla, studia, pensa, cerca di capire di più, godi di una carezza improvvisa, scrivi una preghiera, una canzone, una poesia d’amore al tuo amore…

Ma con questo, cosa ha detto di nuovo Gesù? In fondo le stesse parole le ripetono i mistici di tutte le religioni, i cercatori di Dio di tutte le fedi, da millenni. La novità evangelica è nell’aggiunta inattesa di un secondo comandamento, che è simile al primo… Il genio del cristianesimo: amerai l’uomo è simile all’amerai Dio. Il prossimo è simile a Dio. Il prossimo ha volto e voce, fame d’amore e bellezza, simili a Dio. Cielo e terra non si oppongono, si abbracciano. Vangelo strabico, verrebbe da dire: un occhio in alto, uno in basso, testa nel cielo e piedi per terra.

Ma chi è il mio prossimo? Gli domanderà un altro dottore. C’è una risposta che mi ha allargato il cuore, quella di Gandhi: «il mio prossimo è tutto ciò che vive con me sulla terra», la natura, l’acqua, l’aria, le piante, gli animali. Ama la terra, allora, come te stesso, amala come l’ama Dio. Vivere è convivere, esistere è coesistere. Non già obbedire a comandamenti o celebrare liturgie, ma semplicemente, meravigliosamente, felicemente: amare.