S.AMBROGIO di GRION

Avvisi parrocchiali

 

Vogliamo vedere Gesù. E Gesù risponde è ora di mostrare il volto di Dio che passa attraverso la sua vita.

Per mostrare questo, Gesù usa l’immagine del chicco di grano che caduto in terra muore e porta frutto.

E’ l’immagine del sacrificio per la vita. Oggi la parola sacrificio non è di moda, anzi si cerca di scansarla. E’ più forte l’autoaffermazione, in cui si mette davanti il primo posto, la riuscita personale, magari ingannando gli altri, il cercare di salvarsi e non avere preoccupazioni, il pensare per sé.

E così si pensa che sia anche il volto di Dio, un qualcosa di grande e potente.

Gesù con l’immagine del chicco di grano ci mostra la logica che guida la sua vita, il mondo, la logica dove noi possiamo vedere il volto, la presenza di Dio.

Il morire del chicco di grano è accettare di vivere la trasformazione per portare vita nuova per portare frutto. Apparentemente è una logica di morte invece quel chicco si trasforma per portare frutto, vita.

Ecco la sfida accettare di vivere in noi una trasformazione che porta vita. Infatti se il chicco caduto non muore rimane solo. Così avviene anche nelle nostre relazioni: dobbiamo chiederci a che cosa dobbiamo morire per portare vita, che cosa dobbiamo accettare di trasformare perché si trasformi in vita nuova, potente.

Magari devo accettare di far morire cioè di trasformare la convinzione che ho sempre ragione in apertura al confronto. Trasformare la paura di affrontare una situazione in fiducia, il pregiudizio o giudizio che mi sono fatto verso quella persona e che mi porta a dividere in disponibilità all’ascolto all’accoglienza. Trasformare le nostre crisi in occasione di fare passi d maturità.

Se invece muore… il morire è accettare di vivere una trasformazione di quella rabbia affinché trovi la via costruttiva nelle relazioni, è accettare di dirci le cose come sono. Il morire è accettare di dire voglio cambiare trasformare quella rassegnazione in lotta, in cammino. Morire è accettare di trasformare il nostro egoismo in gesto di rinnovata attenzione, dono per la vita dell’altro.

Il morire è un lavorio infaticabile del imparare vivere il dono di sé. Ciascuno può chiedersi di quale morte ha bisogno, cioè di quale trasformazione

Impariamo a saper vedere la presenza di Dio in tutti quei gesti di vita ricevuti, in tutte quelle persone che si sono piegate verso di noi. Sono gesti che hanno portato vita, noi ne siamo testimoni perché viviamo grazie ad essi.

Chiediamo la fiducia di saper vivere quel morire quotidiano che ci porta a trasformare il nostro guardare a noi stessi in tanti piccoli gesti di sacrificio che danno la vita per gli altri.

Vivere così un’alleanza eterna. Mai soli.